Di lancio e di slancio

Roberto Beccantini23 aprile 2022

Tre a zero all’Olimpico, 2-0 in coppa, 3-1 a San Siro. Inter-Roma è finita così. L’ultimo set è stato equilibrato per mezz’ora, poi Calhanoglu ha lanciato Dumfries, centravanti di posizione (e non d’emergenza), gol. Quindi, il ricamo di Brozovic. Da numero dieci, con gli avversari spostati e disarmati/disarmanti. Una goduria, per noi amanti del circo.

Dopo aver fatto la storia, con l’Inter e per l’Inter, Mourinho può permettersi di nascondersi nella cronaca, non importa quale: le semifinali con il Leicester, immagino. Gli mancavano Zaniolo, il più brillante del momento (con Abraham), e Cristante; ha promosso El Shaarawy, non l’idea del secolo; ha varato una difesa «alticcia» – nel senso di allegra – che i campioni hanno letto con calma e tradotto in verticale.

Dimarco fionda mancina è una trovata che Inzaghino aveva già impugnato contro il Verona: meno lucchetto di Bastoni, più votato alle folate. Il colpo gobbo dello Stadium coincise con il ritorno di Brozo: quattro partite, quattro successi. Fra parentesi, è al secondo gol consecutivo. In generale, Inter troppo forte: per tutti, penso, non solo per «questa» Roma, tenera come la notte di Francis Scott Fitzgerald, anche se imbattuta da dodici gare. Una palla al piede, (sostiene) Oliveira. E Abraham, abbandonato da Pellegrini e Mkytarian, non ha raccolto che bossoli randagi: una pacchia, per Skriniar e De Vrij, crocerossine nerborute, dedicarsi esclusivamente al paziente inglese.

Non c’è stata partita neppure quando sembrava che ci potesse essere. La schiacciata di Lau-Toro e il destro di Mkytarian hanno infiocchettato un tabellino mai in discussione. Applausi a Mou, da tutti: il pudore degli amici non si dimentica.

Domani, linea a Lazio-Milan. Ora e sempre forza Stefano Tacconi, portiere dei bei tuffi andati.

Plus-disastro, plus-casino

Roberto Beccantini16 aprile 2022

Plus-disastro, plus-casino. Lo 0-1 con l’Inter ha sgonfiato la Juventus. Lo 0-0 di San Siro, con il Milan, ha gonfiato il Bologna. E’ finita 1-1, allo Stadium, in pieno «trip». Rigore o non rigore su Morata, vantaggio o non vantaggio per Cuadrado, traversa, Var, Guida (!) che chiama Sacchi, Sacchi che caccia Soumaoro e Medel e dà punizione. Moviolisti di tutto il mondo, a voi. Era il 41’ o giù di lì. Poi, bello, il pari di Vahlovic, di testa, su rovesciata di Morata, con il Bologna in nove. Amen.

Aveva segnato Arnautovic in avvio di ripresa: gran gol, su assist verticale di Soriano. Un Bologna che argomentava attorno a Svanberg, Schouten e Geronimo-Medel. Una Juventus senza centrocampo, fiacca, panoramica, con Allegri incapace di trasmettere qualcosa che agitasse qualcuno. Ma vi raccomando i piedi: dal tridente in giù. Vlahovic prigioniero (anche di sé stesso, a volte), Morata al largo e in letargo, Dybala in versione «ambulante». E i campanili di Chiellini, sfondo delle ultime cartoline. Palle-gol, zero. Tiri nello specchio, zero.

Una Juventus di qualità modesta, molto modesta, un Bologna che la controllava in scioltezza. Certo, qua e là ha rischiato: la ciccata sotto porta di Rabiot, il palo di Danilo. Ma occhio: un attimo primo del gol, l’austriaco se n’era mangiato un altro.

Sono entrati Zakaria e Bernardeschi (al posto dell’Omarino: serve altro?), Bonucci, Kean e Alex Sandro. A parità di non gioco, non si capisce come questa Juventus non possa cominciare le partite con la foga, almeno, con cui, dopo gli schiaffi, le rincorre.

Del Bologna (forza Sinisa, bravo il suo vice, Tanjga) mi è piaciuto Dijks, sentinella di Cuadrado. In tribuna, c’era Del Piero. Applauditissimo (lui). Mercoledì, in coppa, ci sarà la Fiorentina di Italiano (chapeau). E il quarto posto, detto fra di noi, non è che sprizzi di salute.

L’orecchino

Roberto Beccantini16 aprile 2022

In copertina, l’orecchino di Nzola. Complimenti al quarto uomo, che non l’aveva notato. E al giocatore, che non se l’era tolto prima e non ci è riuscito dopo, costringendo, così, Thiago Motta al cambio del cambio. Dieci minuti in dieci. Immagino, da lassù, i moccoli dei Vigili del Fuoco spezzini, gente che, in tempo di guerra, fu capace di battere il Grande Torino pur arrivando allo stadio su un’autobotte.

I risultati, adesso: Spezia-Inter 1-3, Milan-Genoa 2-0. Tappe pianeggianti, di trasferimento, un po’ ventose, con modici strappi: al Picco, Brozovic, Lau-toro, Maggiore e Sanchez. A San Siro, Leao all’inizio e Junior Messias alla fine. In attesa di Napoli-Roma (lunedì), classifica immutata: Milan 71, Inter 69 (e un Bologna in meno), Napoli 66.

Piccole note a margine. Fondamentali le panchine: gol di Martinez e di Sanchez, su assist dell’argentino; rete di Junior Messias su azione di Rebic. Tutte «riserve». La centralità di Brozovic non è una novità: rientrò allo Stadium, contro Madama, e da allora tre vittorie. Spazio, inoltre, alle incursioni di D’Ambrosio, prezioso nella sponda dello 0-1. Ora che, in generale, si è tornati a marcare (abbastanza) a uomo, muovere le pedine, da un reparto all’altro, crea scompiglio, confonde i riferimenti.

Veniva, il Milan, dagli 0-0 con Bologna e Torino. Blessin ha corretto il Genoa dalla cintola in giù. Non oltre, perché in attacco la lavagna non basta, serve talento. Il risultato l’ha orientato Leao, il cui rapporto con i gol è ancora troppo goliardico. Lui e Theo, sulla sinistra, e poi Theo e Rebic, hanno scolpito la differenza. La rosa di Inzaghi è meglio assortita di quella di Pioli. Anche per questo, favoriti rimangono i campioni. Martedì, semifinali di coppa e nuovo derby: ospita l’Inter, 0-0 all’andata. Periferia d’Europa, è il massimo della movida.